sábado, 9 de janeiro de 2016

Vittorio Emanuele di Savoia, figlio dell’ultimo re d’Italia Umberto II, nel suo messaggio di fine anno scrive

Il figlio dell'ultimo re d'Italia Umberto II ha scritto un messaggio di fine anno agli italiani. L'auspicio per il 2016? "Che il motto del mio augusto genitore, 'L'Italia innanzitutto', possa essere fatto proprio da tutti coloro che ricopriranno incarichi di responsabilità".

“I timidi segnali di ripresa dell’economia del nostro Paese incoraggiano quanti sono impegnati nell’affrontare tale difficile situazione, ma un’autentica crescita sarà possibile soltanto se accompagnata dalle attese riforme e da una seria diminuzione della pressione fiscale“. E’ il pronostico di Vittorio Emanuele di Savoia, figlio dell’ultimo re d’Italia Umberto II, che nel suo messaggio di fine anno scrive: “Non posso esimermi dal formulare un pensiero rivolto alle famiglie italiane che soffrono per le conseguenze della crisi economica iniziata nel 2008″.

Vittorio Emanuele prosegue ricordando che l’anno prossimo “in molte città si terranno le elezioni amministrative, banco di prova per l’intera classe dirigente. Auspicando che il motto del mio augusto genitore, S.M. il Re Umberto II, ‘L’Italia innanzitutto‘, possa essere fatto proprio da tutti coloro che ricopriranno incarichi di responsabilità, indirizzo un particolare saluto alla cara città di Gorizia che, nell’agosto del 2016, celebrerà i cento anni di italianità, memore delle più accanite, tragiche e gloriose battaglie della Grande Guerra“.

La lettera poi depreca la “deriva culturale che vorrebbe sacrificare i segni della nostra Fede nel nome di un cieco e vacuo conformismo, come purtroppo è accaduto in queste ultime settimane, ad esempio non consentendo in alcune sedi pubbliche l’esposizione del presepio, che ritengo la più italiana delle tradizioni”. “Il nuovo anno – prosegue – si aprirà nel segno del Giubileo della Misericordia voluto dal Santo Padre Francesco. Attingendo all’inesauribile sorgente di questa straordinaria occasione di Grazia, sento il dovere di ricordare in questa sede che, come italiani, parafrasando le parole di Benedetto Croce, confidente della mia augusta genitrice, S.M. la Regina Maria José, ‘non possiamo non dirci cristiani’. Lo testimoniano le nostre radici, la nostra storia, le nostre tradizioni, perfino la nostra letteratura e la nostra arte”.

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